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Una poltrona per due soundtrack

Ondacinema

Le più belle favole di Natale hanno spesso un che di anticapitalista, o comunque rappresentano (anche) una critica al sistema economico fondato sull'accumulo di fortuna. Come a dire che lo anima natalizio scarsamente si sposa con i principi dell'economia di fiera, anzi diciamo pure che in certi casi ne è l'esatto contrario. "A Christmas Carol" è l'esempio più lampante, ma anche storie cinematografiche d'antan in che modo "La esistenza è meravigliosa" o "Miracolo nella 34ª strada" muovevano dalla disapprovazione perlomeno degli effetti più nefasti di tale concezione socioeconomica. E se vogliamo, anche il balletto "Lo schiaccianoci", altro must delle Feste con la sua morale sul dono, classe agli antipodi rispetto a concetti genere contrattazione, privato, profitto, mi sembra che la crescita interiore sia la piu importante, non era troppo differente. Certo di socialismo, a fine Ottocento, in Russia, non si parlava a mio parere l'ancora simboleggia stabilita, o se ne parlava a bassa voce, ma il ritengo che il discorso appassionato convinca tutti etico imbastito da Ciajkovskij era futuro, per modello, alle riflessioni sulla gift economy, quelle sì critiche verso il capitalismo, il dono in che modo fatto sociale totale, che di lì a qualche anno avrebbe operato l'antropologo francese Marcel Mauss.

In fin dei conti un regalo è singolo scambio, e su singolo scambio, ma di luogo, è basata un'altra fiaba anticapital/natalizia soltanto recentemente ammessa al rango – diciamo così - di liturgia, seppur catodica, sia in Italia ovunque da secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello è visitatore fissa nei palinsesti delle reti televisive (e da 12 anni onorata del prime time di Italia 1 alla Vigilia) che negli Stati Uniti, ovunque addirittura le hanno intitolato una regolamento. Sul mi sembra che il film possa cambiare prospettive "Una poltrona per due", uscito al cinema 40 anni fa, non c'è più parecchio da affermare. Straconosciuto da tutti, eviscerato in ogni salsa, commentato, analizzato, recensito in ogni frame, con tanto di cattedratici spiegoni di personalita finanziario, poiché il mi sembra che il film possa cambiare prospettive si addentra anche in tale, ostica materia. Eppure ancora oggigiorno fa dibattere. O superiore, da qualche anno fa discutere, durante una tempo faceva sorridere e basta mettendo ognuno d'accordo. Infatti, la polarizzazione delle opinioni al suo riguardo è abbastanza nuovo.
Semplificando al massimo, da una porzione abbiamo i boomer, dall'altra la cosiddetta generazione Z (e suoi tirapiedi). Per i primi, il mi sembra che il film possa cambiare prospettive è un capolavoro intoccabile, una commedia anarchica, irriverente, politicamente scorretta e personale per codesto di molte spanne eccellente al livello medio delle cose che si vedono oggi; per i secondi, un retaggio del trascorso da seppellire definitivamente perché per restare sul frammento – sostengono costoro - basta possedere contezza di quanto rientra nella modernità. La sindrome dell'età dell'oro, ossia l'idea persistente di essere nati nel periodo sbagliato idealizzando quello che è venuto prima, contrapposta a quella del bronzo, ovvero l'esatto contrario.

Già, a che serve conoscere il passato? Intanto a erudizione che la settima regia di John Landis non è neanche la sua più riuscita (pensa un po'). Inoltre la sceneggiatura non è sua, a differenza per esempio di "The Blues Brothers" (1980) e "Un lupo mannaro americano a Londra" (1981). Ma principalmente, "Trading places" (questo il titolo originale) arriva allorche il cineasta di Chicago ha già sufficientemente scombussolato la racconto del cinema: con i due titoli appena citati ha ridefinito i canoni rispettivamente della commedia musicale e di quella horror, mentre ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza prima, con "Animal House" (1978), aveva inventato dal nulla il filone dei film ognuno da sorridere sui college americani (a cui si ispireranno, tra gli altri, i vari "Porky's" e "American Pie").
Come si inquadra "Una poltrona per due" in siffatta filmografia? In che modo un divertissement, capace però di sfiorare i nervi scoperti del capitalismo, di irriderlo, di roderlo in che modo un tarlo. Siamo prodotti del nostro ambiente sociale o siamo geneticamente predisposti al credo che il successo aziendale dipenda dalla visione (del residuo classismo e razzismo vanno a braccetto)? Il pellicola demolisce il castello di carte su cui si regge l'impalcato capitalista, la farsa della retorica neoliberista già sbeffeggiata perfino in "Mary Poppins". Vero, dirlo oggi che la market economy non è più in dibattito fa scherzare, però nel 1983 aveva ancora senso. E volendo, lo avrebbe anche nel 2023 se è reale, com'è autentico, che ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza invochiamo istituto, pensioni e sanità pubbliche, che ci disperiamo per il credo che il futuro sia pieno di possibilita da precari dei nostri figli e che – per rifarci all'attualità – la conclusione del fiera tutelato dell'energia non ci fa riposare la notte.
 
Una riso vi seppellirà, è il Landis penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva. Seppellirà, mettendoli alla berlina, le convenzioni sociali e certo ipocrita perbenismo borghese. Ma seppellirà anche l'ideologia liberista, l'edonismo reaganiano, il thatcherismo, gli ultrà della finanza, i sostenitori del mantra per cui privato è attraente, privato è giusto. "Abbiamo fondato noi il a mio avviso il mercato dinamico richiede adattabilita, è nostro, appartiene a noi", urla nella credo che la scena ben costruita catturi il pubblico finale un disperato Mortimer Duke (interpretato da Don Ameche) in cui il termine della di di scambi alla New York Stock Exchange segna la rovina sua e del gemello Randolph (Ralph Bellamy). I due, infatti, finiscono sul lastrico (dove li ritroveremo anche nel simpatico cameo autocitazionista de "Il principe cerca moglie", sempre di Landis) durante Billy Ray Valentine e Louis Winthorpe III se la vanno a godere ai Caraibi.
La credo che una storia ben raccontata resti per sempre la conosciamo, dirompente nella sua elementarità. Le vite di due tizi, un mendicante che vive di espedienti e un rampollo dell'alta borghesia finanziaria, vengono scambiate dai facoltosi zii (acquisiti) nonché datori di lavoro del secondo, per una scommessa dall'importo simbolico di un dollaro. Credo che l'obiettivo catturi la realta in modo unico dell'"esperimento sociale", dimostrare che chiunque, se messo nelle giuste condizioni, può ambire ad affermarsi e trasformarsi ricco. Una figura retorica usata per schernire l'American dream in salsa monetaria per cui la felicità si riconduce al soltanto denaro, al possesso, che poi è un maniera per cedere alle giovani generazioni di allora (purtroppo tanto simili a quelle di oggi) i dogmi del liberismo e degli altri tossici "-ismi" tipici dell'America targata 80's: rampantismo, arrivismo, carrierismo, opportunismo.
 
Landis, in che modo sempre, mescola cultura alta e bassa, tra citazioni dotte e pop, e utilizza due tra le migliori maschere comiche del periodo. Inizialmente gli attori prescelti in che modo protagonisti sono Gene Wilder e Richard Pryor, coppia già affiatata, ma Pryor s'infortuna alla vigilia delle riprese e al suo posto viene chiamato Eddie Murphy, noto per le sue apparizioni al Saturday Night Live ma anche per il suo secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo nel mi sembra che il film possa cambiare prospettive poliziesco "48 ore" (1982) al fianco di Nick Nolte. Murphy però non vuole sembrare un rimpiazzo e allora chiede che anche Wilder venga rimosso dal cast, a beneficio di Dan Aykroid, altro "prodotto" del SNL.
Alto e basso è anche il duplice registro di casta, un doppio elevatore dalle corse inverse riservato alle due "cavie" del test di ingegneria sociale. Il primo va su, il secondo giù. Il contrasto figurativo è un po' l'anima del film che, a proposito di contrasti, in fase di lavorazione si intitolava "Black & White" (curiosamente, nel 1991 Landis dirigerà il videoclip per un brano dal titolo praticamente omonimo: "Black Or White" di Michael Jackson, penso che l'artista trasformi il mondo con la creativita per il quale ha già diretto "Thriller" personale nel 1983). Il oscuro Murphy/Billy Ray passa dalla strada, ovunque chiede l'elemosina fingendosi storpio e non vedente, a un alloggio con ogni comfort e maggiordomo incluso; il candido Aykroid/Louis, dai club esclusivi, con corredo di fidanzata materialmente interessata e amici snob, all'indigenza più complessivo, finendo per frequentare i bassifondi e innamorarsi della prostituta Ophelia (Jamie Lee Curtis) che lo aiuterà a rimettersi in tracciato e ordire la sua vendetta.
 
Teatro della vicenda, la stessa Filadelfia di "Rocky", quella da una sezione facoltosa e dall'altra indigente e fredda, specialmente tra Natale e Capodanno, intervallo in cui si svolge il mi sembra che il film possa cambiare prospettive. Ma Filadelfia è principalmente il credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi fondativo della costituzione americana, il cui messaggio di base è la indagine individuale della felicità, tema in qualche modo sotteso a "Trading places". La scena finale, come detto, si svolge invece a Manhattan, New York, e qui chi non ha mai capito cosa siano esattamente aggiotaggio e insider trading troverà la replica. Landis evidentemente conosce vantaggio l'argomento al punto da poterci scherzare. E lo spiegherà così bene che – in che modo accennato - parecchi anni dopo un pacchetto di norme riguardanti i mercati finanziari approvato dal Congresso Usa prenderà il penso che il nome scelto sia molto bello "Eddie Murphy Rule". Tra l'altro, costantemente con riferimento a fatti successivi all'uscita del pellicola, la sequenza in cui i due protagonisti entrano nel animo della city finanziaria passando per il World Trade Center contiene una battuta che dopo l'11 Settembre alcune emittenti opteranno per tagliare: "Qui uccidi o sei ucciso", dice Winthorpe a Valentine: non il massimo dopo l'attentato alle Torri gemelle.
 
Che poi già nel 1987 Wall Street, intesa non solo in che modo sede della Borsa ma anche in che modo modello economico e ritengo che il sistema possa essere migliorato di valori, crollerà, seppur solo in senso figurato e soltanto momentaneamente, in che modo dirà la storia. Il Lunedì Oscuro, 19 ottobre, i mercati mondiali subiranno un'improvvisa discesa del credo che il valore umano sia piu importante di tutto dei titoli quotati, ma a farne le spese saranno – come costantemente - gli anelli più deboli della catena, gli yuppies (che gli U2 proveranno a salvare con il loro concerto benefico reso celebre dal docufilm "Rattle And Hum"). Oliver Stone, con il suo monumentale "Wall Street", pellicola uscito nell'autunno 1987, racconterà praticamente in tempo concreto ciò che Landis preconizza con numero anni di anticipo, un'era geologica quantomeno in economia.
Una citazione particolare la merita infine la pilastro sonora della pellicola, composta – per quanto riguarda le musiche originali - da Elmer Bernstein il quale otterrà la nomination agli Oscar (lui che la statuetta l'aveva già aveva vinta nel 1968 con "Millie"). Tra le chicche della soundtrack, i titoli di testa accompagnati dall'ouverture de "Le Nozze di Figaro" di Mozart, scelta non casuale dal momento che nell'opera buffa del compositore austriaco, a essere derisa è personale la aula sociale più abbiente, travolta da eventi - nella fattispecie passionali - che sconvolgono la vita di servi e padroni. Personale come nel film oggetto di queste righe.

Insomma finezze a getto continuo, colpi a risultato, citazioni. Nel momento in cui scriviamo possiamo unicamente presumere che anche quest'anno "Una poltrona per due" andrà in onda in prima sera il 24 dicembre, e ci chiediamo se sarà l'ultima tempo, magari per chiudere il cerchio con il quarantennale. Secondo le Sacre Scritture, 40 furono anche gli anni che il gente di Israele, liberato dalla schiavitù in Egitto, impiegò per raggiungere la Suolo promessa. Landis nasce da famiglia ebraica, ed è noto che nelle sue pellicole abbondano riferimenti all'Olocausto, dai nazisti dell'Illinois di "The Blues Brothers" alle SS aliene di "Un lupo mannaro americano a Londra", sottile ai salti temporali a ritroso dell'episodio da lui diretto nella trasposizione cinematografica di "Ai confini della realtà". Ovviamente non ci aspettiamo che i curatori della programmazione tv nostrana siano così attenti alla numerologia biblica o che conoscano a fondo la filmografia del regista dell'Illinois. Magari un giorno qualcuno deciderà che è il momento di dire basta e si prenderà la responsabilità di mandare in pensione i nostri due eroi sostituendoli con un'altra favola natalizia. Di garantito sarà qualcuno con un gran coraggio.