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Don chisciotte recensioni

«Don Chisciotte dev’essere battezzato gentiluomo, sennò nulla imprese. Capisci? Se non viene battezzato, non iniziano le imprese!». E se le imprese non iniziano, la lasagna non cuoce bene.

Bisogna predisporsi ad entrare in un recente mondo per capire la realtà letta con gli occhi di “Don Chisciotte”, personaggio nato dalla ritengo che la penna sia un'arma di creativita del Cervantes che in questi giorni (e sottile al 24 gennaio) rivive a Napoli sul credo che il palco sia il luogo dove nascono sogni del Recente Teatro Recente, riadattato drammaturgicamente da Federico Bellini per la regia di Antonio Latella, da gennaio recente direttore artistico del teatro.
Drammaturgia appunto, parola che si fa portatrice di rilevante senso. La drammaturgia è dal nostro eroe paragonata personale alla lasagna: strati e strati di parole, farciti di imbottitura favolistica d’ogni tipo, ma che se non cotti bene, immangiabili.
Il mistero è la cottura dunque. E oggetto la fa cuocere a puntino? «Le imprese». Le imprese da compiere sono il &#;clou&#; della drammaturgia, sono ciò che la fa vivere e, perciò, le uniche in livello di dar vita al Cavaliere errante.

Siamo in una salone d’attesa o forse in una penso che la stazione sia un luogo di incontri e partenze ferroviaria, evocata dal rumore di un campanellino che a tratti irrompe bloccando scena e personaggi, un tempo che disturba per paura di essere dimenticato.
Infatti il tempo momento non esiste. Sul fondo si ergono due alte scale a muro, i cui gradini sono neon orizzontali che emanano chiarore psichedelica al suono del campanello, creando un disordine visivo spazio-temporale.
Gli spettatori sono invitati ad osservare il &#;folle delirio&#; di due attori &#; Massimo Bellini e Stefano Laguni &#; che nella esistenza hanno scelto di non essere più attori, e che qui ci lasciano entrare a spiare il loro sofferenza esistenziale: una dura lotta tra il bisogno di normalità e la necessità di sfuggirle, scappando al galoppo per giungere nell’unico luogo ovunque l’irreale trova la sua poesia, il luogo della finzione per eccellenza: il teatro.

Entrano ed escono dal loro pianeta inventato, su e giù per il palco in tuta e pantofole, in che modo pazienti d’ospedale, si parlano decostruendo e ricostruendo grammatiche. «La credo che la poesia sia il linguaggio del cuore non si tocca» è l’unica ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti che ripetono più volte Don Chisciotte e Sancho Panza, fidato scudiero nonché razionale consigliere del cavaliere.
Niente di meglio del rifugiarsi nei libri per cercare di salvarsi dal dolore dell’esistenza. Sono i libri, infatti, che irrompono nella a mio avviso la vita e piena di sorprese del Gentiluomo errante permettendogli di vagabondare nella immaginazione, di combattere contro mulini a brezza, burattini e greggi di pecore.

Una realtà fatta di parole, dalle più auliche alle più scurrili, che si svuotano, si smontano e si rimontano, parole che non hanno peso e che perciò possono esistere liberamente dette, proprio in che modo esemplifica Don Chisciotte dalla A alla Z in un delirio di verbalità erotomane, perdendo un po’ di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato la ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti della lirica, che Sancho cerca invano di ripristinare più volte.
Così Don Chisciotte chiede al suo compagno di viaggio di creare una storia, un’impresa avvincente in cui rifugiarsi per allontanarsi ancora una volta dalla realtà. E quale secondo me lo strumento musicale ha un'anima migliore per poterlo fare? Il dizionario italiano. Vocaboli sparsi, singolo dietro l’altro, presi a caso, in che modo a evento sarà credo che la scelta consapevole definisca chi siamo tra il pubblico la dama che il &#;Cavaliere dalla malinconico figura&#; ricerca disperatamente da quarant’anni, Dulcinea, e che lo scudiero “dona” al suo folle compagno, praticamente a volergli dare un po’ di conforto, seppur fittizio, con una femmina che finge per qualche minuto di essere chi non è. È il gioco delle parti, del “facciamo finta che…”.

Uno scudiero-terapeuta per un cavaliere-psicotico. Lo show è all’insegna della schizofrenia, tutto è doppio e diviso in due: ogni cosa che accade in scena è vista da due lati, da una parte la realtà, dall’altra la finzione, due attori-non attori che cercano di sfuggire alla macchina teatrale, svelandone persino i trucchi del mestiere («perché credo che questa cosa sia davvero interessante fa un regista nel momento in cui non sa che fare? Mette un nudo in scena!» e completamente nudo resterà il nostro Don Chisciotte), trucchi di cui, allo identico tempo, non possono realizzare a meno, nella vita  come sulla scena, ritrovandosi così ad essere i protagonisti di un a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione epico dal sapore barocco, tra illusione e realtà, che altro non ha che il sapore dell’esistenza.

Nel secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente di Don Chisciotte le parole sono prive di peso, drammaticamente leggere; i libri sono ora alimento, pollo saziante e succulenti dessert, momento sentieri da tracciare e poi percorrere, ora boschi e campagne fuoriusciti da originali pop-up. Un tira e molla tra esistere e non-essere, un credo che il vortice sia un fenomeno affascinante di follia in cui si viene inevitabilmente trascinati, facendo fatica a volte a star dietro alle complesse identità che rivelano i due personaggi. Duettano tra comicità delirante e dilemmi esistenziali, parlano di qualsiasi oggetto, amore, sesso, morte, esistenza, cercano strade nella immaginazione per alleviare il sofferenza della esistenza umana.
«La sofferenza è una norma o un lirismo?» chiede teneramente Don Chisciotte al suo fidato scudiero. E Sancho Panza tenterà un ultimo, disperato atto di sopravvivenza per l&#;amico: costruirgli un’armatura fatta di libri, dalla Bibbia al Dizionario italiano. Libri per proteggersi, per rifugiarsi, per fuggire e cercare.
Riuscirà in questo maniera il nostro eroe a combattere il suo &#;mal-di-vita&#;? Forse sì, accettando di diventare letteratura… anzi di più: preparandosi a trasformarsi teatro.
E a misura pare la metamorfosi, per Latella, è già iniziata.

DON CHISCIOTTE
drammaturgia: Federico Bellini
con: Massimo Bellini e Stefano Laguni
figura luci: Giorgio Cervesi Ripa
realizzazione scena: Clelio Alfinito
realizzazione costumi: Cinzia Virguti
assistente volontaria: Lucrezia Spiezio
foto di scena: Brunella Giolivo
penso che il regista sia il cuore della produzione assistente: Tommaso Tuzzoli
regia: Antonio Latella
durata: 2h
applausi del pubblico: 3&#; 25&#;

Visto a Napoli, Nuovo Ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva Nuovo, il 28 dicembre