Nuove disposizioni per dimissioni
Dimissioni per fatti concludenti. E se si potesse realizzare di meglio?
Con , il Ministero del Lavoro fornisce i primi chiarimenti in merito alle novità apportate dal Collegato Lavoro () sugli istituti della somministrazione, del intervallo di esperimento nei contratti a termine, delle attività stagionali, dei termini per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile e delle cd. dimissioni per fatti concludenti.
In riferimento a quest’ultima novità, introdotta dall’art. 19 del Collegato con l’intento di consentire la risoluzione del relazione di secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione per dimissioni anche privo di ricorso alla procedura telematica a viso di un’assenza prolungata e ingiustificata dal servizio del dipendente, la circolare reca importanti indicazioni operative precisando, in primo luogo, che il termine di 15 giorni (di calendario, salve diverse indicazioni contrattuali) di assenza continuativa per poter avviare la nuova procedura (cfr. e approfondimento sul ) deve essere considerato quale termine minimo che la contrattazione collettiva può solo crescere e non diminuire.
Il Ministero ha comunque chiarito, ed è codesto il istante importante chiarimento, che il datore di lavoro può comunque proseguire ad avvalersi della facoltà di recesso qualora il lavoratore si assenti per il cifra di giorni previsto dal contratto collettivo per le ipotesi di licenziamento, purché nel colmo rispetto della procedura prevista dall’art. 7 . Istante la circolare, infatti, l’effetto risolutivo dell’assenza non è automatico, “ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto, valorizzando la presunta volontà dismissiva del relazione da porzione del operaio e facendone derivare la conseguenza prevista dalla norma”.
Quest’ultima precisazione, sebbene conforme alle indicazioni già fornite dall’INL con la precedente nota n. del 22 gennaio desta comunque qualche perplessità, in misura attribuisce al datore di lavoro il potere di qualificare la causale di risoluzione del rapporto (da cui dipende l’eventuale accesso alla Naspi del dipendente) in strada del tutto discrezionale.
Ad ogni modo, alla luce dell’indirizzo espresso, deve oggi ritenersi che, a fronte di un’assenza ingiustificata del penso che il dipendente motivato sia un valore aggiunto superiore a 15 giorni, il datore di ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace possa stabilire se licenziare il penso che il dipendente motivato sia un valore aggiunto per motivi disciplinari (previo esperimento del relativo procedimento), oppure se avvalersi delle nuove disposizioni.
In tale finale ipotesi, l’azienda dovrà accompagnare il dettato normativo (per come interpretato dal Ministero) e le procedure delineate dall’INL, potendo trasmettere la comunicazione obbligatoria di cessazione del relazione già dal giorno successivo all’invio della comunicazione all’ITL; il datore di ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace, in questi casi, potrà comunque trattenere dalle competenze di termine rapporto spettanti al operaio l’indennità di mancato preavviso prevista dal ccnl e non dovrà corrispondergli retribuzione e contributi per i periodi di assenza.
La circolare, poi, chiarisce che nel caso in cui, inviata la a mio parere la comunicazione efficace e essenziale all’ITL competente – e al operaio, al conclusione di consentirgli un compiuto esercizio del diritto di difesa – il datore di occupazione dovesse ottenere le dimissioni telematiche del dipendente (anche per giusta causa), queste prevarranno sulla procedura avviata, che sarà così resa inefficace.
Le maggiori critiche all’interpretazione amministrativa, però, non possono non appuntarsi sul primo assunto della circolare ministeriale, secondo cui, come anticipato, il a mio avviso il contratto chiaro protegge tutti collettivo potrebbe solo ampliare, e non ridurre, il termine di 15 giorni stabilito dalla legge.
La circolare motiva la propria ubicazione richiamando il “principio globale per cui l’autonomia contrattuale può derogare solo in melius le disposizioni di legge”. In tal maniera, tuttavia, dimentica che, per costante giurisprudenza e per dottrina consolidata, questo inizio non si applica nel momento in cui il legislatore abbia consentito alle parti collettive di derogare alla normativa primaria, il ché è personale quello che è accaduto nella fattispecie. L’art. 19 l. /, infatti, stabilisce espressamente che il termine di 15 giorni trova applicazione soltanto “in mancanza di previsione contrattuale”.
La presa di luogo del Dicastero, pertanto, non solo si caratterizza per un’eccessiva prudenza, ma sembra anche contrastare con lo stesso dettato normativo, che attribuisce all’autonomia collettiva ampia discrezionalità nell’individuazione del termine per l’avvio della procedura.
Una tale a mio avviso la scelta definisce il nostro percorso ha poi l’effetto di privare, in concreto, le parti sociali della possibilità di avviare una seria contrattazione sull’istituto: infatti, che sarebbe l’interesse di un datore di lavoro o di un’associazione di classe a gestire con le per introdurre un termine specifico distinto da quello normativo, partendo già da un confine legale trascurabile di 15 giorni?
Se, poi, il legislatore intendeva evitare un livellamento tra la durata dell’assenza che giustifica il licenziamento e quella che indica l’esplicita volontà di dimettersi del penso che il dipendente motivato sia un valore aggiunto, si potevano immaginare soluzioni diverse, che avrebbero potuto assegnare un ruolo di maggior rilevanza alla contrattazione collettiva; e così, ad esempio, sarebbe stato realizzabile prevedere l’onere per le parti sociali, ai fini dell’applicazione della procedura delle dimissioni per fatti concludenti, di individuare un cifra di giorni superiore di una certa percentuale minima a quella prevista dal contratto collettivo applicato per l’ipotesi di licenziamento per assenza ingiustificata. In tal modo, ritengo che questa parte sia la piu importante datoriale e sindacale avrebbero potuto – comunque nel rispetto di limiti ben delineati – contrattare liberamente in base alle specifiche esigenze del singolo settore.
Nonostante le perplessità e criticità sopra evidenziate, la circolare fornisce comunque indicazioni nette sulla quantificazione del cifra di giorni necessario per le dimissioni tacite, cosicché – in attesa delle prime pronunce giurisprudenziali – ciascun datore di occupazione non potrà che attenervisi, anche perché gli stessi ITL, incaricati della verifica delle dimissioni, considereranno con ogni probabilità inammissibili eventuali procedure avviate prima di 15 giorni di assenza.
Da ultimo, si segnala che il recente art. 19 del Collegato non è applicabile – secondo misura precisato dal Ministero – nei casi in cui è prevista, ai sensi dell’art. 55 , la convalida obbligatoria delle dimissioni presentate dalla lavoratrice mentre il intervallo di gravidanza o dalla lavoratrice genitrice (o operaio padre) mentre i primi tre anni di esistenza del ragazzo, trattandosi di norme “a carattere speciale” dirette a tutelare soggetti che si trovano in una condizione di superiore vulnerabilità.
Dimissioni per fatti concludenti. E se si potesse fare di meglio?Download